Categoria: <span>Yoga</span>

Le qualificazioni del Discepolo

[tratto da “Fuoco dei Filosofi” Raphael, per le Edizioni Asram Vidya] Non si può non riconoscere che ogni attività (professione, ecc.) profana-sociale esige una certa attitudine, una predisposizione e qualificazione; potremmo persino parlare di vocazione. Per ogni funzione occorre, dunque, l’idoneità attinente a quella particolare sfera. Spesso si possono avere non bravi professionisti o lavoratori perché non si é portati per quello specifico ruolo, perché si manca appunto di vocazione o di attitudine. Questa, se non sempre, può essere comunque sviluppata, sebbene può capitare che il soggetto neanche sappia di averla. Anche nel campo spirituale vige la stessa legge; un candidato privo di vocazione, di predisposizioni e qualificazioni, potrebbe fare ben poco. Per quanto possa seguire un sentiero, sarà pur sempre un cattivo aspirante. Inoltre, come per seguire una qualsiasi professione occorrono studio, tempo, abnegazione e grande serietà, così per seguire un sentiero spirituale, o iniziatico, necessitano una grande serietà, abnegazione e parecchio tempo a disposizione. Capita però che, in via di massima, …

Kundalini yoga, un articolo da Etudes Traditionnelles, di René Guénon

Cominciando dall’alto, l’assimilazione di sahasrāra , «localizzato» alla corona della testa, con la sefìroth suprema non presenta difficoltà alcuna, anzi il suo nome kether significa appunto « corona ». Troviamo quindi la coppia Hokmah e Binah, la quale corrisponde ad âjnâ , e la cui dualità potrebbe anche essere rappresentata dai due petali di questo « loto »; esse d’altronde hanno per «risultante» «Daath», cioè la «Conoscenza», ed abbiamo visto che la « localizzazione » di âjnâ si riferisce anche all’«occhio della Conoscenza». La successiva coppia, cioè Hesed e Geburah, può essere messa in relazione, secondo un simbolismo molto diffuso che riguarda gli attributi di « Misericordia » e di « Giustizia », con le due braccia; queste due sefìroth dovranno dunque esser sistemate alle due spalle, e quindi al livello della regione gutturale corrispondente cioè a vīshuddha. Quanto a Thifereth, la sua posizione centrale si riferisce manifestamente al cuore, il che implica una corrispondenza immediata con anāhata. La coppia Netsah – Hod troverà il suo posto alle anche, punti d’attacco delle estremità inferiori, analogamente a Hesed e Geburah punti d’attacco delle superiori; orbene, le anche sono al livello della regione ombelicale, quindi di manipūra. Per quanto riguarda infine le due ultime sefiroth pare si debba far intervenire, un’interversione in quanto Jesod nel suo vero significato è il «fondamento », il che corrisponde esatta-mente a mūlādhāra. Occorrerebbe dunque assimilare Malkuth a swādhishtāna come il significato dei nomi sembra giustificare, poiché Malkuth è il « Regno » e swādhishtāna significa letteralmente la «dimora propria» della shaktī.

I segni del “risvegliato”, o l’Avadhuta. Dal “Goraksha vacana samgraha”, le Istruzioni di Gorakhnath.

<<E’ chiamato un Avadhuta chi è stato “tosato” (mundana, cioè liberato) tagliando la vasta rete delle sofferenze, e così è libero da tutti gli stati.   Si chiama Avadhuta chi è libero dalla confusione e dimora con stabilità nel mezzo del mondo, che indossa un lembo di stoffa (kaupina), che porta una ciotola per l’elemosina (kharpara, metà teschio) ed è gioioso (adainya, non infelice).   Si chiama Avadhuta quello i cui sandali (paduka pada) sono la suprema conoscenza, la cui pelle di daino (mrgatvac) è il suono incausato (anahata), la cui pratica è la coscienza suprema.   Si chiama Avadhuta colui la cui cintura (mekhala) è la fine dell’azione mondana (nivrtti), la cui stuoia di paglia (kata) è la forma del suo Sé, e che si è liberato da tutti i disordini (shavikara).   Si chiama Avadhuta colui i cui due orecchini sono la luce della coscienza (citprakasha), e il cui …

Adi Nath, Matsyendra Nath e Goraksh Nath. L’origine della tradizione Nath.

 Amar Katha Una volta Parvati chiese al suo consorte, il Signore Shiva: “O il più grande degli Dei, tu indossi attorno al collo una ghirlanda di teschi umani. Puoi spiegarmi perché lo fai e a chi sono appartenuti?”. Con un sorriso, il Signore degli Yogi rispose: “Tutti appartenevano a te nelle tue vite precedenti, e li indosso perché mi ricordano dei momenti felici.” Parvati fu molto stupita di questa risposta. Era chiaramente turbata: “Tu sei una persona senza cuore! Sono stata la tua amata compagna, vita dopo vita, e tu che sei immortale hai collezionato i miei teschi e li hai messi intorno al collo senza pietà? Questo è dunque il tuo amore!”. Era molto arrabbiata con Shiva. Come al solito rimanendo tranquillo, il Signore degli Yogi rispose con un sorriso gentile: “Mia cara, non è colpa mia se sei morta e nata molte volte, dipende solo da te. Poiché …

Alcuni aspetti degli insegnamenti dei Nath

[Da Gopinath Kaviraj, “Princess of Wales Sarasvati Bhavan Series, Vol VI”, 1927] La posizione metafisica dei Nath non è monista né dualista. E’ trascendente nel più vero senso della parola. Essi parlano dell’Assoluto (Nath), al di là delle opposizioni implicite nei concetti di Saguna e Nirguna, o di Sakara e Nirakara. Perciò, per essi il fine supremo della vita è realizzare se stessi come Nath e restare eternamente radicati al di là del mondo delle relazioni. La via per conquistare tale realizzazione è detta essere lo yoga, su cui investono molta energia. Sostengono che la Perfezione non si posa raggiungere con altri mezzi, se non con il sostegno della disciplina dello yoga. Ma che cos’è lo yoga? E’ spiegato in realtà in termini differenti, a seconda dei testi. Ma in qualsiasi forma lo si voglia spiegare, il concetto centrale rimane lo stesso. Secondo Brahmananda il sole e la luna sono …