Inno a Dakshinamurti, di Sri Adi Shankaracharya.
Io leverò le lodi di Dakshinamurti, il bel giovane che istruiva nella conoscenza del Parabrahman col silenzio; colui che era circondato dai saggi venerabili come dai giovani discepoli, tutti assorti nella stabile meditazione del Brahman; colui che è il Maestro supremo; colui che unendo pollice e indice mostrò l’unione dell’anima con l’assoluto, colui il cui volto risplende nella beatitudine del Sé.
[1] Colui che a causa della sua illusione vede, come nei sogni, l’universo esistente al suo esterno, come una città veduta allo specchio, mentre esso è verosimilmente in lui; colui che con il risveglio non percepirà che se stesso, senza secondo, a quel Maestro incarnato, il Signore che guarda a sud, io offro il mio saluto.
[2] Colui che come un mago, uno yogi dai poteri straordinari, manifesta di sua volontà questo universo a partire dal principio indifferenziato, che come il germoglio latente nel seme si svilupperà nelle varie condizioni di spazio e di tempo indotte dall’illusione, a quel Maestro incarnato, il Signore che guarda a sud, io offro il mio saluto.
[3] Quella luce reale che illumina gli oggetti non reali; colui che direttamente ha risvegliato i suoi devoti prounciando il detto “Tu sei Quello”, impedendogli col risveglio di ricadere nella acque del Samsara, a quel Maestro incarnato, il Signore che guarda a sud, io offro il mio saluto.
[4] Quella coscienza che irradia dagli occhi e dagli altri sensi come la luce di una lampada posta in un vaso traforato; così che questo universo risplende perchè quella coscienza risplende su ogni cosa di cui dica “io so”, a quel Maestro incarnato, il Signore che guarda a sud, io offro il mio saluto.
[5] La gente illusa ritiene come le donnicciole e i bambini, come gli sciocchi e i ciechi che il corpo sia l’io, altri credono nel respiro, nei sensi, nella conoscenza empirica o in nulla; a colui che dissipa la grande ignoranza, indotta dal potente gioco dell’illusione, a quel Maestro incarnato, il Signore che guarda a sud, io offro il mio saluto.
[6] Colui che è il Sè interiore, sottoposto al velo del’illusione, come il sole eclissato dalla luna, che nel sonno profondo e nel ritiro dei sensi esiste meramente, ma che al risveglio ricorda di sé con le parole “ho dormito”, a quel Maestro incarnato, il Signore che guarda a sud, io offro il mio saluto.
[7] Colui che con i simboli sacri istruisce i suoi devoti sulla natura del Sè, che splende eterno e immutabile come “io” attraverso le fasi dell’infanzia, della giovinezza e della vecchiaia, nella veglia, nei sogni e nel sonno profondo, a quel Maestro incarnato, il Signore che guarda a sud, io offro il mio saluto.
[8] Colui che è il Sè supremo, nel sogno e nella veglia, che osserva le dualità del mondo illusorio dispiegarsi nelle forme di causa ed effetto, padrone e servo, maestro e discepolo, padre e figlio, e così via, a quel Maestro incarnato, il Signore che guarda a sud, io offro il mio saluto.
[9] Colui che nelle otto forme, quale terra, acqua, fuoco, aria, etere, sole, luna e spirito manifesta se stesso nell’universo senziente e insenziente; colui che è supremo e infinito e non vi è altri che Quello, per chi lo conosce, a quel Maestro incarnato, il Signore che guarda a sud, io offro il mio saluto.
[10] Con questo inno si dichiara l’identità del Sè universale, ascoltando, comprendendo e meditando queste parole, e infine trasmettendole ad altri, si realizza il divino e l’identità con il Sè supremo, la perfetta padronanza sulle forze naturali e le otto facoltà soprannaturali.
Traduzione di Beatrice Polidori, Guru Purnima 2010