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Devi Mahatmya. Traduzione e commento in PDF.

[Solstizio 2020 | Navaratri 2020] Durante il Navaratri è tradizione leggere il Devi Mahatmya, suddiviso per i nove giorni (notti) dedicati alla Madre divina. La lettura di questo testo è una pratica devozionale riconosciuta e ricca di insight significativi. Il testo è stato tradotto e curato dagli studenti durante il Solstizio d’estate, turning point di questo anno apocalittico e insieme straordinario, a protezione e conforto dei devoti della Madre e di tutti. Il commento è stato scritto da Udai Nath durante il Navaratri di Ottobre 2020. Lo dedichiamo al Navaratri d’autunno per tutti coloro che cercheranno rifugio nella Sapienza in tempi di angoscia. Adesh Adesh. Jay Ma. Traduzione e commento a cura di Beatrice Udai Nath con la collaborazione di Alessandra Grana, Debora Menozzi, Edoardo Gobattoni. Seminario di Giugno 2020 “In lode della Grande Dea” e Navaratri 2020. L’introduzione e il testo del Devi Mahatmya sono tradotti integralmente da “In …

In Lode della Grande Dea (II). Il Devi Mahatmya.

IL RE, IL MERCANTE E IL SAGGIO Il Devīmāhātmya inizia con il racconto del rishi Mārkaṇḍeya che narra di un re virtuoso, di nome Suratha, di come soffrisse per aver perduto il suo regno e come cavalcando da solo nella foresta fosse giunto all’eremo di Medha, un sant’uomo. Il racconto poi prosegue con l’arrivo all’eremo di un mercante di nome Samadhi, espropriato della sua ricchezza e scacciato dalla sua avida famiglia. In quel luogo, circondati dalla pace e dalla bellezza, entrambi si aspettano di trovare la tranquillità, ma al suo posto emerge un profondo tumulto interiore, alimentato da pensieri ricorrenti di smarrimento, tradimento e di attaccamento a ciò che si erano lasciati alle spalle. Il re riteneva che in quanto uomini di conoscenza, avrebbero dovuto saper individuare la causa della loro infelicità. Insieme si rivolgono a Medha, che immediatamente riconosce nella conoscenza intesa dal re la conoscenza del mondo materiale …

In lode della Grande Dea (I). Origine e tradizione del culto della Madre Divina in India.

La religione degli Harappa Tremila anni prima dell’apparizione del Devīmāhātmya, una civiltà avanzata come quella dell’Egitto e della Mesopotamia sorse sulla vasta pianura alluvionale dei fiumi Indo e Sarasvatī e prosperò in splendore tra il 2600 e il 1900 AC. Le sue città di Harappa e Mohenjo-daro erano tra le più grandi al mondo, e ci sono numerose prove archeologiche che l’India dell’Età del Bronzo sia stata culturalmente ed etnicamente diversa com’è oggi. Come nella maggior parte del mondo antico, diversi culti religiosi probabilmente coesistevano, più o meno pacificamente. Poco prima dell’ascesa della civiltà Harappan, o dell’Indo-Sarasvatī, negli insediamenti degli altipiani nel Belucistan, a nord e a ovest della Valle dell’Indo, le culture pre-Harappa consideravano la Dea Madre, o alcune dee, più o meno allo stesso modo degli altri popoli del Neolitico nel Medio Oriente. Prevedibilmente per una società agricola, le immagini della dea pre-Harappan mostrano temi relativi alla fertilità …

Parola Madre. Teologia del Suono e della Parola nei Veda e nello Yoga.

SEMINARIO PESARO, 29 SETTEMBRE 2019 La Madre del Mondo nella tradizione indiana compare all’inizio della manifestazione del cosmo come Suono. E’ Vac, la parola, il Logos, che è personificazione femminile e attiva dell’Assoluto, Immanifesto e senza forma. Tutto ciò che ha forma, distinzione e nome, è perciò figlio della Parola. Gli Dei, i Veda, i riti e tutte le forme viventi derivano dal grande ventre cosmico delle forme: Hiranyagarbha, l’uovo-utero che contiene le idee in forma sonora. Matrice dello spazio, l’elemento sottile della vastità, è potenza e espressione dello stesso Brahman supremo: pura espansione illimitata. Come lo spazio ha per caratteristica l’espansione, l’onda sonora che stabilisce la sua estensione è creatrice dello spazio stesso e quindi del tempo, e le cose e gli esseri che lo abitano sono fatti di suoni, nomi e rapporti armonici ordinati. Vac è la sostanza del mondo intero. Vac è la vacca celeste, la volta …

Introduzione ai Tantra Sastra, di Vimalanandadayini

[tratto e adattatao da: KARPŪRĀDI-STOTRA INTRODUZIONE E COMMENTO DI VIMALĀNANDADĀYINI AL SIGNORE TRA GLI INNI, DEDICATO A ŚRIMAD DAKŞIŊA – KĀLIKĀ in HYMN TO KĀLĪ,  KARPŪRĀDI-STOTRA a cura di Arthur Avalon] Parameśvara misericordioso e onnipotente è senza inizio e fine. Sebbene sia Nirguŋa è l’Ādhāra (sede) dei tre Guŋa. Sebbene sia senza forma crea, conserva e poi richiama a se il mondo, fatto di materia estesa (Prapañca). È per mezzo delle Śakti e della Sua stessa Māyā che può fare diventare possibile quel che sembra impossibile. La Śvetāśvatara-Upanişad dice che con la meditazione si vede la Svaśakti del Deva, dimora di tutte le cause associate a Kālatattva. Nel Niruttara-Tantra, Śiva parla di un cadavere con tre occhi come dell’Unico Nirguŋa, che è il seggio dei Guŋa associati a Śakti. Sebbene sia senza inizio, mezzo o fine, è colui che crea ed è la Causa materiale del mondo che ha un inizio, …

Iside nel simbolismo ermetico

[Tratto da : Dom Antonio G. Pernety- Le favole egizie e greche svelate e riportate ad unico fondamento] Quando si conosce la genealogìa d’Osiride, si sa anche della d’Iside sua sposa, inquanto chè questa era sua sorella. Comunemente si ritiene che questa Dea era il simbolo della Luna, così come Osiride era quello del Sole; ma la si riteneva anche come simbolo della Natura in generale, e per la Terra, secondo Macrobio. Partendo da tale concetto, dice questo Autore, la ci rappresentava avente il corpo tutto coperto di mammelle. Apuleio concorda con Macrobio, e ne fa il seguente ritratto: « Una chioma lunga e tolta cadeva ondeggiante sul suo collo divino: aveva sul capo una corona variamente bella nella forma e per i fiori della quale era ornata. Sul davanti, nel mezzo, spiccava una specie di globo, quasi in forma di specchio, il quale proiettava una luce brillante argentea come …

La Madonna Nera, statue di Iside e della Vergine paritura. La Benedetta Signora sotterranea.

da Fulcanelli,  “Il Mistero delle Cattedrali”. Un tempo, le camere sotterranee dei templi servivano come dimora per le statue di Iside, ed esse diventarono, al tempo dell’introduzione del cristianesimo in Gallia, quelle Vergini nere che il popolo, ai giorni nostri, circonda d’una venerazione tutta particolare. Del resto il simbolismo tra queste due raffigurazioni è lo stesso: le une e le altre mostrano sul loro basamento la famosa iscrizione: Virgini pariturae; alla Vergine che deve partorire. Ch. Bigarne (Considérations sur le Culle d’Isis chez les Eduens. Beaune, 1862.), ci parla di parecchie statue di Iside designate dallo stesso vocabolo. L’erudito Pierre Dujois ci dice: «Già nella sua Bibliografia generale dell’Occulto, il sapiente Elias Schadius aveva segnalato, nel suo libro De dictis Germanicis, un’iscrizione analoga: Isidi, seu Virgini ex qua filius proditurus est (A Iside, o alla Vergine dalla quale nascerà il Figlio). Queste icone, dunque, non avevano per nulla il significato cristiano, …

Inno Omerico a Demetra

INNO A DEMETRA Attribuito a Omero – traduzione di F. Cassola Demetra dalle belle chiome, dea, veneranda, io comincio a cantare, e con lei la figlia dalle belle caviglie, che Aidoneo rapì; lo concedeva Zeus dal tuono profondo, che vede lontano, eludendo Demetra dalla spada d’oro, dea delle splendide messi mentre giocava con le fanciulle dal florido seno, figlie di Oceano, e coglieva fiori: rose, croco, e le belle viole, sul tenero prato; e le iridi e il giacinto; e il narciso, che aveva generato, insidia per la fanciulla dal roseo volto, la Terra, per volere di Zeus compiacendo il dio che molti uomini accoglie. Mirabile fiore raggiante, spettacolo prodigioso, quel giorno per tutti: dalla sua radice erano sbocciati cento fiori e all’effluvio fragrante tutto l’ampio cielo, in alto, e tutta la terra sorrideva, e i salsi flutti del mare. Attonita, ella protese le due mani insieme per cogliere il …

Chinnamasta, la Madre Senza Testa e la Liberazione (ed Eulogia)

La shakti Chinnamasta, la cui rappresentazione è senza testa, è la potente Grazia Divina, o discesa, che volge lo yogi spiritualmente maturo a sciogliere la sua mente, gli attaccamenti, le abitudini, i concetti nella Coscienza Pura, e a trascendere quindi la mente per fondersi con lo stato sovra-mentale o non-mentale (unmana) della Divina Beatitudine. Non è ragionevole temere la perdita del raziocinio, perché la morte prima o poi ci porta a compiere il grande passaggio, indipendentemente dal fatto che lo vogliamo o no. Ma chi muore prima di morire, non muore dopo la morte. La via indicata per il risveglio spirituale è propriamente il cosiddetto “sacrificio della conoscenza”, che implica la rinuncia al complesso meccanismo di pensieri, attaccamento e possesso, di cui il più persistente è l’idea “Io sono il corpo”. Questo sacrificio è simboleggiato dal taglio della testa, che indica la separazione della mente dal corpo, o la libertà …