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Approfondimento sull’Alchimia

di Titus Burckhardt

“Fare del corpo uno spirito e dello spirito un corpo”: questo adagio riassume tutta l’alchimia. L’oro stesso, che rappresenta esteriormente il frutto dell’opera, appare come un corpo opaco divenuto luminoso, o come una luce divenuta solida. Trasposto nell’ordine umano e spirituale, l’oro è la coscienza corporea trasmutata in spirito, o spirito fissato nel corpo.

Perché il metallo di base, che rappresenta la materia pronta per essere lavorata, altro non è che la coscienza legata al corpo e come immersa in esso. È il “corpo metallico” da cui deve essere estratta l ‘”anima” e lo “spirito”, che sono Mercurio e Zolfo. Se il corpo non fosse una realtà interiore, non potrebbe servire come materiale per il lavoro spirituale.

Nell’uomo medio, “conoscere” e “essere” sono polarizzati, per così dire, nel pensiero e nella coscienza corporea; la prima rappresenta un’intelligenza separata dall’essere dei suoi oggetti; mentre il secondo è uno stato d’essere passivo e come privo di intelligenza. Questa dicotomia è evidente anche nello stato di sogno, dove la forma psichica del corpo è più o meno staccata dalla sua forma sensoriale. Il ritorno al centro, al cuore considerato come “luogo” dello spirito, comprenderà un’integrazione e qualcosa di simile a un capovolgimento dei due poli: la coscienza corporea diventerà a suo modo intelligente; si trasmuterà in uno stato statico di conoscenza, e allo stesso tempo il pensiero – o la mentalità – si cristallizzerà sotto l’azione fulminea dello spirito.

Questa trasmutazione dallo spirito al corpo e dal corpo allo spirito può essere trovata in modo più o meno diretto e inconfondibile in ogni metodo di realizzazione spirituale; l’alchimia, invece, ne ha fatto il suo tema principale, in conformità con il simbolismo metallurgico fondato sulla possibilità di cambiare lo “stato di aggregazione” di un corpo.

All’inizio del lavoro, la coscienza corporea è caotica e oscura. Viene quindi paragonato al piombo e l ‘“ordine” che corrisponde a questo stato di “materia” viene attribuito a Saturno. Questo pianeta rappresenta il principio della condensazione, ed è questo che spiega la sua apparentemente contraddittoria assegnazione al piombo metallico tra le cose corporee e alla ragione tra le facoltà dell’anima; in rapporto alla dimensione esistenziale delle altre facoltà, la ragione è come un punto senza estensione. La polarità del pensiero e della coscienza corporea, l’opposizione “spirito” – “corpo”, va dunque ricercata nella natura di Saturno, e ciò corrobora il carattere ostile, impedente e perfino sinistro, che questo pianeta assume nell’astrologia divinatoria.

Sul piano del metodo, la condensazione saturnina diventa concentrazione; l’intelligenza si ritira dall’esterno all’interno; essendo diventato un unico punto si immerge nell’oscurità interiore del corpo.

Secondo la dottrina alchemica ogni metallo è costituito dall’unione più o meno perfetta di due principi chiamati Zolfo e Mercurio; proprio come la coscienza corporea, assimilata al metallo come trasformatore, è tessuta da questi due principi o forze sottili, allo stesso tempo opposte e complementari; Lo zolfo, che è maschio, e Mercurio, che è femmina, sono combinati nella caotica coscienza corporea – o nel metallo di base – in un modo in cui si neutralizzano o si incatenano a vicenda.

Basil Valentine [1] scrive: “Dove sono presenti anima, spirito e forma metallica, anche lì si devono trovare argento vivo, zolfo e sale metallico …” [2] Quindi paragona Mercurio all’anima e Zolfo allo spirito, ed è così che i due principi dovrebbero essere compresi, tenendo sempre presente il fatto che l’alchimia li considera principalmente come poteri o forze che cooperano sullo stesso piano della “natura”. Se accade che lo stesso autore, o altri alchimisti, chiamino Mercurio “spirito”, bisogna capire che la sua natura “volatile” è qui opposta a quella dei corpi inerti o solidi; in questo senso sia lo zolfo che il mercurio sono “spiriti”. Mercurio, invece, come “sostanza” della forma interiore o psichica del corpo, corrisponde al principio vitale, intermediario tra anima e corpo.

Secondo Galeno, lo spirito vitale è una sostanza purissima distribuita nello spazio cosmico, e che il cuore assimila con un processo analogo alla respirazione, trasformandola così in vita animale. È facile vedere che questo corrisponde al ruolo del prana, il “respiro vitale”, come concepito dagli indù; il suo impiego nel laya-yoga, lo “yoga della soluzione”, sembra essere esattamente analogo all’uso a cui gli alchimisti mettono il loro “solvente universale”.

Così come la respirazione ristabilisce ritmicamente il legame tra l’organismo fisico e l’ambiente cosmico (legame che la progressiva solidificazione del corpo tende a spezzare) così questa parallela, ma più intima, assimilazione of il respiro vitale mantiene la continuità tra la forma psichica del corpo e la sostanza cosmica. Il fratello Marcanton scrive su questo argomento: “Non è che io non sappia che il tuo Mercurio segreto non è altro che uno spirito vivente, universale e innato, che discende incessantemente dal cielo alla terra, sotto forma di un vapore aereo, per ricostituire il suo ventre poroso, e poi nasce tra i solfuri impuri, e crescendo passa da natura volatile a fissa, dandosi la forma “radicale umida”. [3] Il “ventre poroso” della terra qui corrisponde al corpo umano; per quanto riguarda i “solfuri impuri” non sono altro che i corpi grossolani che confinano, per così dire, il loro zolfo, che è il loro principio formale, alleandosi con la forma psichica del corpo, Mercurio si solidifica, per così dire, mentre forma allo stesso tempo il suo “radicale umido”, il suo hyle, o sostanza plastica.

Per quanto riguarda il mercurio ordinario, è da notare che, unico tra i metalli noti nell’antichità e nel medioevo, si presenta normalmente sotto l’aspetto liquido che evapora sotto l’azione del fuoco dell’artigiano; è quindi, allo stesso tempo, sia un “corpo” che uno “spirito”. Attraverso di essa l’oro e l’argento possono essere liquefatti; estrae anche il metallo nobile da una miscela di minerali impuri e insolubili; l’amalgama esposto al fuoco espelle il mercurio e mette a nudo l’oro.

Proprio come il mercurio comune forma un amalgama con l’oro, così il sottile Mercurio contiene il germe dell’oro spirituale; il respiro vitale, pur essendo “umido” per natura, come con l’energia cosmica femminile – la Shakti della dottrina indù – porta il principio igneo della vita. Ridotto al suo prototipo universale, Mercurio corrisponde all’oceano primordiale della mitologia indù, a Prakriti, che trasporta Hiranyagharba, l’embrione d’oro del mondo.

Conformemente a questo prototipo universale, Mercury include un aspetto materno; più precisamente, è esso stesso l’aspetto materno o potere della materia del mondo dell’anima. Per questo motivo gli alchimisti a volte gli danno il nome – in modo un po ‘sconcertante – di “menstruum”; intendono con ciò il sangue della matrice che nutre l’embrione finché non scorre verso l’esterno per corrompersi; Mercurio infatti nutre l’embrione spirituale racchiuso nel vaso ermetico.

È attraverso la coscienza corporea, apparentemente chiusa in se stessa, e nel suo recinto più intimo che l’alchimista recupera questa sostanza cosmica, Mercurio. Per “conquistarla” fa affidamento su una funzione corporea come la respirazione, e questo è significativo per tutte le arti spirituali legate all’alchimia; partendo da una modalità fisica, la coscienza, che è essenzialmente intelligenza, ascende attraverso i propri “involucri” per arrivare alla realtà universale di cui questa modalità è il riflesso o l’eco. Una tale integrazione non può tuttavia essere raggiunta senza un qualche tipo di grazia; inoltre presuppone un quadro sacro oltre che un atteggiamento che esclude ogni tipo di avventura prometeica o egoistica.

Mercurio è quindi, allo stesso tempo e secondo i diversi piani della sua manifestazione, il sottile “respiro” che anima il corpo, la sostanza transitoria dell’anima, il potere lunare, la materia di tutto il mondo dell’anima, e infine il materia prima. Così come l’energia universale che gli indù chiamano Shakti possiede non solo un aspetto materno ma anche terribile e distruttivo, così Mercurio è allo stesso tempo “l’acqua della vita” e il “veleno mortale”; vale a dire che la sua natura “umida” è generativa o dissolvente, a seconda delle circostanze.

“Lasciamo il composto” ha scritto Synesius, [4] prendi il suo semplice (sic) perché è la sua quintessenza. Osserva che abbiamo due corpi di grande perfezione (oro e argento, o cuore e sangue) riempiti di argento vivo. Da lì disegna il tuo argento vivo e ne farai la brutta copia, che si chiama quintessenza, avendo un potere permanente e sempre vittorioso. È una luce viva che illumina ogni anima che l’ha vista una volta. È il nodo e il legame di tutti gli elementi, che contiene in sé, così come è lo spirito che nutre e vivifica tutte le cose e per mezzo del quale la natura agisce nell’universo. È la forza, l’inizio, la metà e la fine del lavoro. Per dirti tutto in poche parole, sappi, figlio mio, che la quintessenza e la cosa occulta della nostra pietra non è altro che la nostra anima viscosa, celeste e gloriosa, che teniamo per la nostra padronanza della miniera portatrice di minerali [5 ] che da sola la genera e che non è in nostro potere produrre quest’acqua con alcuna arte, poiché solo la natura può generarla. E quest’acqua è l’aceto acuto che fa uno spirito puro dal corpo d’oro. E io ti dico, figlio mio, non tenere conto di altre cose, perché sono vane, ma solo di quest’acqua, che brucia, imbianca, si dissolve e si solidifica. È proprio ciò che si decompone e ciò che fa germogliare …

Sebbene Mercurio, alla maniera delle sostanze universali, contenga Tutte le qualità naturali in potenzialità – è spesso rappresentato anche come androgino – è polarizzato rispetto allo zolfo e si manifesta come freddo e umido, mentre lo zolfo si manifesta come caldo e secco. Va notato qui che il calore e l’aridità, che sono le due qualità maschili, corrispondono all’espansione e alla solidificazione, e che le due qualità femminili dell’umidità e del freddo rappresentano la soluzione e la contrazione. In una certa misura Sulphur imita, in modo dinamico e indiretto, l’azione del principio formale, dell’essenza, che “dispiega” le forme e le “fissa” in un certo piano di esistenza. La soluzione e la contrazione, invece, che hanno origine da Mercurio, esprimono la ricettività del principio plastico o femminile, la sua facoltà di abbracciare tutte le forme senza esserne trattenuto, come anche la sua azione delimitante e separativa, che è un aspetto del materia. Nell’ordine artigianale, l’analogia dello zolfo con il principio formale si manifesta nell’azione colorante del primo: così l’unione di zolfo comune e mercurio produce il cinabro, in cui il mercurio fluido è insieme fissato e colorato dallo zolfo; ora, nella simbologia metallurgica il colore è analogo alla qualità, quindi alla forma, secondo il significato tradizionale del termine. Tuttavia, va sottolineato che il cinabro è solo un prodotto imperfetto dei principi in questione, così come lo zolfo comune e il mercurio comune non sono identici ai due principi alchemici che simboleggiano.

Nella prima fase del lavoro, è l’azione solidificante e coagulante dello Zolfo che si oppone alla liberazione del Mercurio, così come l’azione contrattuale di quest’ultimo neutralizza lo Zolfo. Il nodo viene sciolto dalla crescita del Mercurio: nella misura in cui questo scioglie l’imperfetta coagulazione che è il “metallo di base”, a sua volta entra in gioco il calore in espansione dello Zolfo. All’inizio Mercurio agisce contro il potere solidificante dello Zolfo; ma poi risveglia la sua forza generativa, che manifesta la vera forma dell’oro. Abbiamo qui l’analogia della gara d’amore tra uomo e donna; è il fascino femminile che dissolve la “solidificazione” della natura virile e ne risveglia il potere. È sufficiente qui notare che è questo fascino, canalizzato spiritualmente, che gioca un certo ruolo nei metodi tantrici.

In Les Noces Chymiques de Christian Rosencreutz, Johann Valentin Andréae [6] narra la seguente parabola: “… un bellissimo unicorno, bianco come la neve, che indossava un collare d’oro con inciso certi segni, avanzò verso la fontana e piegando le zampe anteriori si inginocchiò come per rendere omaggio al leone che stava ritto sulla fontana. Questo leone, che a causa della sua completa immobilità sembrava fatto di pietra o ottone, afferrò immediatamente una spada nuda che teneva tra gli artigli e la spezzò in due: credo che le due metà caddero nella fontana. Poi il leone continuò a ruggire finché una colomba bianca, portando un ramoscello d’ulivo nel becco, volò verso di lui più velocemente che poteva; diede il ramo al leone che lo inghiottì e si zittì ancora una volta. Poi, con gioia, l’unicorno è tornato al suo posto. ” L’unicorno bianco, un animale lunare, è Mercurio allo stato puro. Il leone è Sulphur, che essendo identificato con il corpo di cui è il principio formale, appare dapprima immobile come una statua. Per l’omaggio di Mercurio si sveglia e comincia a ruggire. Il suo ruggito non è altro che il suo potere creativo: secondo il Physiologus, il leone vivifica i piccoli nati morti con la sua voce. Il leone spezza la spada della ragione ei pezzi cadono nella fontana, dove si dissolveranno. Non smette di ruggire finché la colomba dello Spirito Santo non gli dà da mangiare il ramo d’ulivo della conoscenza. Questo sembra essere il significato di questa parabola di cui Johann Valentin Andréae non era certo l’autore.

In certe condizioni, lo zolfo, quando incatenato, è la ragione e contiene l’oro dello spirito in uno stato sterile. Questo oro deve essere prima sciolto nella fontana di Mercurio, per diventare il “fermento” vivente che trasformerà altri metalli in oro.

La prima azione di Mercurio è “sbiancare” il corpo. Artephius [7] ha scritto:

L’intero segreto … è che dovremmo sapere come estrarre dal corpo della Magnesia l’argento vivo che non brucia, che è l’Antimonio, e il Sublimato Mercuriale; vale a dire, occorre estrarre un’acqua viva incombustibile, poi coagularla con il corpo perfetto del Sole, che vi si scioglie in una sostanza bianca, coagulata come crema, fino a farla diventare tutta bianca. Tuttavia, prima il Sole, per la decomposizione e soluzione che subisce in quest’acqua, perderà la sua luce, sarà oscurato e oscurato; poi salirà sull’acqua e, a poco a poco, un colore e una sostanza bianchi galleggeranno in superficie; è questo che si chiama sbiancamento dell’ottone rosso, sua sublimazione filosofica e riduzione al suo prmateria primaria, cioè zolfo bianco incombustibile e argento vivo fisso. Così, umido quando limitato, vale a dire oro, il nostro corpo, dopo aver subito ripetute liquefazioni nella nostra acqua solvente, sarà convertito e ridotto a zolfo e argento vivo fisso; e in questo modo il corpo perfetto del sole prenderà vita in quest’acqua e sarà vivificato e ispirato; crescerà e si moltiplicherà nel suo genere, come tutte le altre cose …

Il sole a cui fa riferimento Artephius, che muore e si dissolve nell’acqua mercuriale [8] prima di rinascere, non è altro che la coscienza individuale legata al corpo, l’ego corporeo, per così dire, che è solo oro o sole in una condizione latente. Gli alchimisti spesso hanno dato il nome di “oro” o “sole” a ciò che è oro in senso virtuale.

Lo “sbiancamento” del “corpo” che segue l ‘”annerimento” è talvolta descritto come una dissoluzione del corpo nell’acqua mercuriale e altre volte come una separazione dell’anima dal corpo. Questo perché la riduzione della coscienza corporea alla sua sostanza psichica fa sì che l’anima si ritiri dagli organi sensoriali ed esca, per così dire, in uno “spazio” che è sia interiore che illimitato. “Si monta dalla Terra al Cielo – dice la Tavola di Smeraldo – e ridiscende dal Cielo alla Terra, ricevendo così il potere sia delle cose superiori che inferiori.” Allo stesso modo si parla di sublimazione a cui deve seguire una nuova coagulazione.

Quando la coscienza interiore è ridotta così alla sua materia primaria, simile alla luna e all’argento, lo Zolfo si rivela nella sua vera natura, che è un potere che emana dal centro misterioso dell’essere, dalla sua essenza divina; è il ruggito del leone solare, che è come una luce sonora, o un suono luminoso. Lo zolfo “fissa” la sostanza fluida e inafferrabile di Mercurio dandogli una nuova forma che è allo stesso tempo corpo e spirito.

Artephius ha scritto:

… le nature cambiano dall’una all’altra, poiché il corpo incorpora lo spirito, e lo spirito trasforma il corpo in spirito sia colorato che bianco … bollitelo nella nostra acqua bianca, cioè in Mercurio, finché non si scioglie nell’oscurità; poi, attraverso un decotto continuo, l’oscurità scomparirà, e alla fine il corpo così dissolto si solleverà con l’anima bianca (coscienza corporea riassorbita nell’anima), e l’una si fonderà con l’altra, e si abbracceranno in in modo tale che non possano più essere separati; è così che spirito e corpo sono uniti (da un processo inverso al primo) con vera armonia, e diventano una permanenza (il corpo “fissa” lo spirito e lo spirito riporta la coscienza corporea al puro stato spirituale) e questo è la soluzione del corpo e la coagulazione dello spirito, che sono la stessa operazione.

La maggior parte degli alchimisti parla di Zolfo e Mercurio solo come nature costitutive dell’oro; altri, come Basil Valentine, aggiungono sale. Nell’ordine artigianale, lo Zolfo è la causa della combustione e il Mercurio dell’evaporazione, mentre il Sale è rappresentato dalle ceneri. Se lo zolfo e il mercurio sono “spiriti”, il sale è il corpo, o più precisamente il principio della corporeità. In un certo senso Zolfo, Mercurio e Sale corrispondono rispettivamente allo spirito (cioè all’essenza spirituale), all’anima e al corpo dell’uomo, o ancora, all’anima immortale, al respiro vitale e al corpo.

Se le distinzioni tra queste tre nature non sembrano sempre chiare nelle descrizioni del lavoro alchemico, ciò deriva dal fatto che non sono considerate in se stesse, ma solo attraverso la loro azione sul piano cosmico, o, più esattamente, sul piano sottile o animico. , dove le loro forze si fondono in innumerevoli modi. A causa della complessità di questo regno, le descrizioni più “arcaiche” dell’opera sono le più accurate perché includono tutto nel loro simbolismo; che richiama alla mente le parole della Tavola di Smeraldo: Zolfo, energia solare, Mercurio, potere lunare, sono il “padre e la madre” dell’embrione alchemico; il “vento”, che altro non è che il soffio vitale, seconda natura di Mercurio, lo ha “portato nel suo grembo”; la terra, cioè il corpo, è la sua “nutrice” …

Quando il corpo, o più esattamente la coscienza corporea, è purificato da ogni “umidità” passionale – e in questo rapporto corrisponde alle “ceneri” – aiuta a trattenere lo spirito “fuggitivo”; in altre parole, diventa il “fissatore” di stati spirituali che la mente non potrebbe da sola sostenere. Questo perché il corpo è l ‘“inferiore” che corrisponde al “superiore”, secondo la formula della Tavoletta di Smeraldo.

Lo stato spirituale che “si appoggia” al corpo non ha però misura comune con quest’ultimo; è come una piramide rovesciata di estensione illimitata, con la sua punta appoggiata sulla terra; inutile dire che questa immagine, che suggerisce uno stato di instabilità, è valida solo in relazione allo spazio.

Nel regno dell’arte sacra, la somiglianza umana che esprime più direttamente la “spiritualizzazione del corpo e incarnazione dello spirito ”è quella del Buddha: l’analogia con il simbolismo alchemico è tanto più sorprendente poiché questa figura comprende attributi solari – alone e raggi – ed è spesso dorata. Abbiamo in mente più in particolare le statue del Buddhismo Mahāyana, che al loro meglio esprimono perfettamente, nella qualità plastica del loro aspetto esteriore, quella pienezza che è insieme immutabile e intensa e che il corpo contiene ma non può racchiudere.

Basilio Valentino paragona il risultato dell’unione di spirito e corpo al “corpo glorioso” dei risorti. [9]

Morienu [10] dice: “… Chiunque avrà saputo veramente come purificare e sbiancare l’anima e farla ascendere in alto; e avrà custodito bene il suo corpo e rimosso da esso ogni oscurità e oscurità insieme a qualsiasi cattivo odore; essa (l’anima) potrà quindi essere ripristinata nel suo corpo, e al momento della loro ricongiunzione appariranno grandi meraviglie … “

E Rhases [11] scrive: “… Così ogni anima si riunisce con il suo primo corpo; e in nessun caso può unirsi a nessun altro; da allora in poi non saranno mai più separati; poiché il corpo sarà glorificato e portato all’incorruzione e ad un’indicibile sottigliezza e lucentezza, così che sarà in grado di penetrare tutte le cose per quanto solide, poiché la sua natura sarà allora la stessa di quella di uno spirito. … “

APPUNTI

[1] Un alchimista tedesco del XV secolo.

[2] Cfr. De la Grande Pierre des Anciens Sages, pubblicato da Les douze Clefs de la Philosophie. (Trans. Eugene Canseliet), Parigi, 1956.

[3] La Lumiere sortant par soi-meme des Tenebres. Parigi 1687.

[4] Alchimista greco. È forse identico al vescovo Sinesio di Cirene (379-415), discepolo di Ipazia, platonico di Alessandria. Cfr. Bibliothèque des Philosophes Chimiques, Parigi 1742.

[5] Secondo Morienus, è l’uomo che è (la miniera di ciò con cui si compie la Gran Maestria). (Dialogue du roi Khalid avec l’ermite Morenius, Bibl. Des Phil. Chim.)

[6] Johann Valentin Andréae (1586-1654). Cfr. Les Noces Chimiques de Christian Rosencreutz. (Trans. Aurigen, Ed. Chacornac, Parigi 1928).

[7] Un alchimista medievale della cui vita non si sa nulla. “Artephius” è probabilmente uno pseudonimo. (Bibl. Des Phil. Chim.)

[8] O nell’antinomia, che è ugualmente un dissolvente e che, nell’alchimia spirituale, è sinonimo di Mercurio.

[9] Op. cit. Questo ha a che fare con il ruolo che l’immortalità del corpo gioca nell’alchimia cinese.

[10] Le Dialogue du roi Chalid avec l’ermite Morenius è forse il primo testo tradotto dall’arabo al latino.

[11] Rhases è senza dubbio la forma greco-latina dell’arabo “Razi”, il cui nome completo è Abu Bekr ar-Razi (826-925). (Bibl. Des Phil. Chim.)

Fonte: Studies in Comparative Religion, vol. 13, n. 3 e 4 (estate-autunno, 1979).
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