Altro,  Antichità Greco Romana

I Misteri di Eleusi

La fonte basilare per la conoscenza del mito che racchiude l’archetipo dei Misteri eleusini è l’Inno omerico a Demetra che canta come la Dea istituì i Misteri di Eleusi in occasione del suo soggiorno in questa città.
“Prima di partire, ella svelò ai sovrani amministratori della giustizia, a Trittolemo, a Diocle, il fustigator di cavalli, alla forza di Eumolpo, a Keleo, il conduttor di guerrieri, la perfetta celebrazione dei sacri riti; ella ammaestrò tutti negli òrgia venerabili… Felice chi fra gli uomini che vivono sulla Terra li ha contemplati! Chi non è stato perfezionato nei sacri Misteri, chi non vi ha preso parte, mai avrà, dopo morto, un destino simile al primo, oltre l’orizzonte oscuro” (Inni omerici, vv.473-482).

Il termine òrgia ha, nel greco antico, un senso diverso da quello comune di “orgia” nella nostra lingua; esso designava un intenso stato interiore in cui l’iniziato si sentiva immerso e quindi spinto ad una apertura di coscienza verso la dimensione del sacro, vissuta come un quid più profondo dell’uomo stesso, ossia come una “trascendenza immanente”. Le iscrizioni e le raffigurazioni mostrano costantemente la Dea Demetra in relazione coi Misteri di Eleusi. Associata a Demetra è Persefone, o Core, sua figlia. Le iscrizioni eleusine chiamano Demetra e Persefone “le due Dee” e gli autori antichi adoperano la locuzione “la madre e la figlia”. Nel mito omerico Kore, nel mentre raccoglieva fiori nella pianura di Nysa, fu rapita da Plutone (Ade), dio degli Inferi. Demetra la cercò per nove giorni, durante i quali non gustò l’ambrosia, il nettare degli dei. Infine Elios (il Sole) le rivelò la verità: Zeus aveva deciso di dare in sposa Kore a suo fratello Plutone. Furibonda contro il sovrano degli dèi, Demetra non tornò sull’Olimpo. Nelle sembianze di una vecchia, si diresse verso Eleusi e si sedette vicino al Pozzo delle Vergini (allusione simbolica ad un rito di purificazione). Interrogata dalle figlie del re Celeo, dichiarò che il suo nome era Doso e che era sfuggita ai pirati, i quali l’avevano rapita a Creta. Accettò poi l’invito di fungere da nutrice dell’ultimo figlio della regina Metanira. Entrò nel palazzo, si sedette su uno sgabello e restò a lungo silenziosa (allusione simbolica all’importanza rituale del silenzio mentale, come superamento del pensiero dialettico). Infine una serva, Iambe, riuscì a farla ridere con i suoi scherzi grossolani. Demetra rifiutò la coppa di vino rosso offerta da Metanira e chiese del ciceone, mescolanza di orzo tritato, di acqua e di foglie di menta. La dea non allattò Demofonte, figlio del re al quale faceva da nutrice, ma gli soffregò il corpo con l’ambrosia e durante la notte lo nascose nel fuoco “come un tizzone” (allusione simbolica alla potenza purificatrice del fuoco e ad un probabile rito di iniziazione che si svolgeva in presenza di un fuoco rituale). Il bambino assomigliava sempre più ad un dio, ma questo processo di rigenerazione fu interrotto dalla regina Metanira che una notte scoprì il figlio tra le braci e prese a lamentarsi. ”Uomini ignoranti, insensati, che non sapete vedere il vostro destino di ventura o di sventura!” esclama allora la Dea. Demofonte non potrà più sfuggire al suo destino mortale. L’epilogo del mito narra che Demetra, ritrova sua figlia Kore, grazie all’intervento di Zeus su Plutone, che riesce, però, ad introdurre nella bocca di Persefone un chicco di melagrana e la costringe ad inghiottirlo; ciò determina il ritorno annuale di Kore, per quattro mesi, presso il suo sposo nell’Ade. Demetra, dopo aver ritrovato sua figlia, acconsente a ritornare fra gli dèi e la terra si ricopre di vegetazione (allusione all’origine sacra e misterica dell’agricoltura). Prima di tornare sull’Olimpo, la dea rivela i suoi riti e insegna i suoi misteri a Trittolemo, Diocle, Eumolpo e Celeo.

L’inno omerico menziona due tipi di iniziazione; più esattamente spiega i Misteri eleusini sia come ricongiungimento delle due Dee sia come conseguenza della mancata immortalizzazione di Demofonte. Demetra stava per trasformare un uomo in un dio, ma la trasformazione è bloccata dalla madre del bambino; il mito può leggersi come allusione al destino mortale dell’uomo, ad un processo di elevazione interrotto, che può essere completato solo attraverso un percorso misterico ed iniziatico, per coloro che sono idonei ad affrontarlo. Demetra è la Terra madre, la “nutrice carissima”, colei che dona la perfezione della vita, che porta a compimento la vita in tutte le sue manifestazioni, dalle superiori alle inferiori e la virtù è la perfezione delle anime, secondo la testimonianza di Proclo (Sul Cratilo, 168). Demetra è colei che ha donato agli uomini l’agricoltura e, assieme ad essa, i Misteri. La dea non ha fatto agli uomini due doni diversi, perché, stando alle fonti antiche, l’agricoltura è parte integrante dei Misteri. Varrone – secondo quanto ci riferisce Sant’Agostino – nel parlare dei misteri eleusini, non ha dato che ragguagli sull’agricoltura. Egli afferma, infatti, che molti particolari, nei Misteri, si riferiscono solo alla scoperta dei cereali (S. Agostino, La città di Dio, III,20).

Il potere di Persefone è complementare a quello di Demetra. Mediante i Misteri l’uomo riceve una nuova vita ed una nuova anima. Il potere che infonde la nuova vita iniziatica è lo stesso principio, Persefone, che dal seme affidato alla terra e nascosto in essa – quindi il seme nell’oscurità – fa nascere una nuova pianta, che fa discendere nella terra un’anima destinata a dare forma e vita ad un corpo umano, che fa morire gli uomini e regna sui morti, che riconduce le anime verso l’alto, per dare loro una vita nuova. Persefone è, al tempo stesso, la dea della vita e della morte, a dimostrazione dell’inestricabile nesso vita-morte che caratterizzava la visione del mondo e della vita presso gli Antichi, un nesso presente anche in altri filoni misterici, come quello mitriaco, in cui la spiga di grano – simbolo comune all’iconografia eleusina – nasce dalla coda o dal sangue del toro sacrificato.

“Proserpina rapita da Hades è l’energia di germinazione che viene ritratta quando il sole va verso il solstizio d’inverno” (G. Lido, Dei Mesi, 4,137).

Esiste dunque un legame fra il ritrarsi dell’energia fecondatrice, la “morte del sole” fisico – che corrisponde alla nascita del sole interiore, quel “sole di mezzanotte” di cui parla Apuleio ne L’asino d’oro – e la discesa agli Inferi, ossia il viaggio dell’uomo nella profondità più oscura del suo essere, per trasformarla in creatività spirituale. La correlazione fra vicenda mitica e vicenda dell’anima umana è ben presente nella coscienza degli Antichi. “Come Core, l’anima discende nella génesis – scrive Olimpiodoro – Come Dioniso, essa nella génesis si disunisce e si disperde. Come Prometeo e i Titani, è avvinta ad un corpo, dal quale si distacca, dopo essersi rinvigorita come Eracle. Essa si riunifica raccogliendosi grazie ad Apollo e Atena salvatrice, praticando in vera purità la Filosofia. Essa risale verso la sua origine con Demetra”. (Olimpiodoro, Commento al Fedone, ediz. Norvin, pag. 111).

La discesa agli Inferi di Persefone può essere letta – in base alla polivalenza dei simboli antichi – anche come la discesa dell’anima nel mondo della generazione, cui segue il passaggio dall’Uno al molteplice (lo smembramento di Dioniso) e poi lo sforzo di liberazione simboleggiato dalle fatiche di Eracle. Il ritorno all’Uno avviene grazie alla forza della luce spirituale (Apollo) ed alla sapienza iniziatica (Atena Salvatrice). Molteplici sono le varianti del mito, fra le quali quella secondo cui Persefone è figlia di Zeus e Demetra, ossia l’anima nasce dall’incontro fra il Principio virile olimpico e la Madre Terra, il principio femminile fecondatore, inteso come forza cosmica. Non conosciamo i contenuti esperienziali dei Grandi Misteri, che si svolgevano nel mese di settembre-ottobre (Boedromione), ma è intuitivo ritenere che essi consistessero in una reiterazione esperienziale del mito della discesa agli Inferi di Kore, quindi in una esperienza di buio e di tenebre cui seguiva una esperienza di luce, una trasformazione dello stato interiore nella direzione dell’unificazione con la divinità. La rinascita della vegetazione era l’aspetto mitico rivissuto nei Piccoli Misteri celebrati nel mese di Antesterione, in primavera, segnati da purificazioni, digiuni e sacrifici; l’aspetto della manifestazione era quello minore, rispetto alla fase in cui si poneva il seme spirituale della nuova nascita, il seme che deve morire per fruttificare.

Fonte:
http://www.esonet.org/studi-tradizionali/i-misteri-di-eleusi-l’incontro-fra-la-vita-e-la-morte

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