Meditazione di Shankar Nath
Fu la notte
Lì nei disegni che il sole oscurava
Attraverso il nero della notte
L’oscurità cara divenne
Le luci fioche
Il silenzio
Il sogno
La grande mente.
Questo tenuto a terra
Il capo diritto al cielo
Il suono tra le onde
L’occhio testimone diritto al Sole.
Il corpo si disintegra.
Seduto a terra, la Divinità dinanzi al volto, la luce si spegne.
Con lo sguardo fisso sul vuoto di quel volto, ora divenuto la notte.
Nel buio ad occhi aperti, ristando, nel nero più scuro che si palesa.
Dalla destra, un lume molto leggero che si posa accanto, poi un altro ed un altro.
Accendendosi come fiammelle, le forme autoluminose riempiono lo sfondo.
Gli Antenati tutti, vengono a sedersi accanto, comparendo con la propria luce in questa visione.
Tutti seduti attorno a questo, nel sacrificio, nello svaha, dentro il buio immenso…
Immagini, sensi, suono esterno,
interno, silenzi, rumori e campanelli…
Come voci distanti, la coscienza segue il suono… Risucchiata dal vortice in basso, attraverso un canale nell’oscurità.
Il Lingam, il volto, si spacca a metà verticalmente, la fronte si apre.
Da ogni parte, ogni occhio crea a vivifica col suo potere, ovunque si posi.
Ogni occhio crea il visto e guarda l’altro, trovandosi come di fronte ad uno specchio.
Riversando ciò che lo mantiene tale, ciò che lo tiene unito all’altro su ogni piano, su ogni dimensione…
Delle quali sa, sente ed esprime come viste o sentite.
Riunificato il campo al centro di questo, la Coscienza si fonde più palesemente con l’elemento, con lo spazio, con l’energia vivificatrice, con la Potenza.
O viceversa…
Diviene il centro immobile, luminoso ed invisibile, ovunque, senza appigli.
Ciò lo si può sperimentare appunto nel corpo.
Ciò che osserva questo, è ciò che è attorno a questo ed è dentro a questo.
Ciò non è diverso da questo, ma lo comprende.
Il volto si spacca a metà, la fronte si apre dando spazio ad un canale oscuro. Il vuoto che da spazio al vuoto, il vuoto si riempie del vuoto.
A poco a poco prende il colore dei fiori.
I fiori accompagnati da un bianco immacolato.
Perdendosi squarcia la coscienza e la materia, fuse tra loro.
Egli non può arrivare a vedere oltre il nome e forma, in quanto scompare allo scomparire di quelli, essendo uno con essi. Ne resta inconsapevole, pur essendolo.
Dove la parola, l’azione, l’agente, il fruitore, il vedente ed ogni cosa si fondono in uno.
Dove oltre, una volta tornati, non si può dire di esser stati.
[Qualsiasi cosa pensiate dell’albero, i frutti sono freschi e dolci, fuori di dubbio. Ed è esattamente il motivo per cui l’albero ha ragione di esistere. Questa è una meditazione di Shankar Nath (Marco Fracassi), una delle molte meditazioni poetiche che scrive, secondo l’esercizio che è dato di praticare in questo sat-sangham. Non solo parole, ma la funzione veggente del cuore.]