Antichità Greco Romana,  Astrologia,  Inni

Inno orfico al Sole e Gayatri Mantra

Felice Solstizio. Che il sole ritorni a illuminare la nostra mente e guidare la danza degli astri e degli dei. Così lo meditavano nell’antichità, dal Mediterraneo all’Indo, lo stesso divino vivificatore, il fuoco celeste e il fuoco dell’anima, ciò che lega l’alto e il basso, che è in ogni creatura, il dio veduto da tutti, che è forma di Shiva, dell’invisibile meditatore: “Colui […] che si osserva sorgere all’alba nella forma del Sole, che è veduto anche dagli uomini che portano al pascolo le vacche e dalle donne che trasportano l’acqua dal fiume e persino da tutti gli animali. Egli, che da tutti è veduto, ci accordi la felicità.”[Yajur Veda, Rudra Namakam]. Ci accordi la Sua visione.


Ascolta, beato, tu che hai l’eterno occhio che tutto vede,
Titano di luce d’oro, Iperione, luce del cielo,
da te stesso generato, instancabile, dolce vista dei viventi,
a destra genitore dell’aurora, a sinistra della notte,
che temperi le stagioni, danzando con piedi di quadrupede,
buon corridore, sibilante, fiammeggiante, splendente auriga,
che dirigi il cammino con i giri del rombo infinito,
per i più guida di cose belle, violento con gli empi,
dalla lira d’oro, che trascini la corsa armoniosa del cosmo,
che indichi le azioni buone, fanciullo che nutri le stagioni,
signore del cosmo, suonatore di siringa, dalla corsa di fuoco, ti volgi in cerchio,
portatore di luce, dalle forme cangianti, portatore di vita, fecondo Paian,
sempre giovane, incontaminato, padre del tempo, Zeus immortale,
sereno, luminoso per tutti, del cosmo l’occhio che per tutto circola,
che ti accendi e ti spegni di bei raggi splendenti,
indicatore di rettitudine, che ami i rivi, padrone del cosmo,
custode della lealtà, sempre supremo, per tutti d’aiuto,
occhio di rettitudine, luce di vita, o tu che spingi i cavalli,
che con la sferza sonora guidi la quadriga:
ascolta le parole, e agli iniziati mostra la vita soave.

[Da Inni Orfici ed. Lorenzo Valla trad. Gabriella Ricciardelli]

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Aum Bhur Bhuvah Svah
Tat Savitur Varenyam
Bhargo Devasya Dhimahi
Dhiyo Yo Nah Prachodayat
[Rg Veda 111,62,10 ]

Il Signore dei tre mondi
quel Sole invochiamo
il divino vivificatore, che guida gli astri e gli dei,
perché illumini la nostra mente.

“Gàyatri è un simbolo completo della luce. È certamente molto più dell’epifania della luce; è la luce stessa quando la recitazione è una vera preghiera, un’assimilazione e un’identificazione con ciò che si prega. Ogni verso sottolinea un aspetto della luce: lo splendore glorioso dell’Ultimo, la sua radiosità interna, cioè la luce increata (verso 1); la luce che crea, la luminosità comunicativa del Sole increato, Savitr, lo splendore del Dio vivente che illumina ogni cosa (verso 2); e, infine, l’incidenza della luce divina sui nostri esseri, e in particolar modo sulle nostre menti, rendendo noi stessi rifulgenti e trasmettitori della stessa rifulgenza e convertendoci in luce: luce da luce, splendore da splendore, uno con la sorgente della luce, non in una pesante identità ontologica, ma in una “luminosa” identità di luminosità, totalmente trasparente – àtman-brahman.

«Gàyatri, in verità, è questo intero universo, tutto ciò che è venuto in essere. E la Parola, in verità, è la Gàyatri, poiché la Parola canta e protegge questo intero universo che è venuto in essere» CU 111,12,1.

Anche la Maitrì-upanisad (VI,7) fa riferimento alla Gàyatri, spiegando il suo simbolismo verso per verso:

Quel glorioso splendore di Savitr: il Sole nei cieli è sicuramente Savitr. Egli è colui che deve essere cercato da chi è desideroso del Sé. Così affermano coloro che svelano la conoscenza di Brahman per noi.
Meditiamo sul divino Vivificatore: Savitr sicuramente è Dio. Perciò io medito su quello che è chiamato il suo splendore. Così affermano coloro che svelano la conoscenza di Brahman per noi.
Possa Egli illuminare le nostre menti: Mente sicuramente è intelligenza. Possa Egli insufflarla in noi. Così affermano coloro che svelano la conoscenza di Brahman per noi.

La stessa Upanisad (VI,34) ci introduce alla presenza di Savitr recitando l’inno seguente:

Il Cigno, l’aureo uccello che dimora sia nel cuore che nel Sole, l’uccello-tuffatore di gloriosa luce -a lui sacrifichiamo in questo fuoco.
La preghiera sarebbe pressoché nulla o semplicemente l’espressione dei nostri desideri rivolti a un ente più potente che già li conosce, se non consistesse in questo assumere, comprendere, persino diventare l’intera realtà; è una ricapitolazione, un riassumere tutto ciò che è nella mente e nel cuore, e anche nel corpo del devoto. La preghiera è partecipazione alla sistole e alla diastole dell’intero universo.
Ciò che la Gàyatri è, quello invero anche la terra è, poiché è sulla terra che questo intero universo si fonda; non si estende al di là di essa. Ciò che la terra è, quello invero è anche il corpo dell’uomo, poiché su di esso questi respiri vitali si fondano, essi non si estendono al di là di esso. Ciò che il corpo è nell’uomo, quello invero è anche il cuore dentro l’uomo, poiché su di esso questi respiri vitali si fondano; essi non si estendono al di là di esso. La Gàyatri ha quattro piedi ed è sestupla. Di questa un verso del Rg-veda dice: «Tale è la misura della sua grandezza, ma più grande ancora è l’Uomo». Tutti gli esseri formano un quarto di lui, tre quarti – l’immortale nel ciclo. Ciò che si chiama Brahman, quello invero è anche lo spazio fuori dell’uomo; ciò che è lo spazio fuori dell’uomo, quello invero è anche lo spazio entro l’uomo; ciò che è lo spazio entro l’uomo, quello invero è anche lo spazio entro il cuore. Quello è il pieno, l’immutabile. Chiunque conosca questo ottiene buona sorte, piena e immutabile. CU III, 12,2-9” [Raimon Panikkar]

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